Con l’arrivo di Netflix, il primo film che ho deciso di vedere nonostante non sia molto un genere che solitamente mi attira, è stato quello su cui maggiormente punta in questo momento in quanto è una delle sue ultime produzioni: Beast of No Nation.
Il film racconta la storia di un ragazzino africano (non viene specificato di quale Paese) la cui vita viene devastata fisicamente ma soprattutto psicologicamente dall’arrivo della guerra civile che devasta interi villaggi e famiglie.
Agu verrà assoldato dai ribelli della NDF diventando a tutti gli effetti un bambino soldato e la sua vita passerà così da un contesto familiare ad uno totalmente opposto dove saccheggio, stupro, morte e lotta contro la fame sono all’ordine del giorno.
Il film è a mio avviso molto intenso e non adatto ad un pubblico sensibile, e ancora una volta mi convince del grande valore del regista Cary Fukunaga, già artefice della prima serie di True Detective, la cui mano si vede e si sente.
La storia è raccontata dalla voce di Agu come se fosse una voce fuori campo, mentre la gran parte dei dialoghi sono in lingua madre. Questo stratagemma sebbene in parte possa distrarre permette allo spettatore di immergersi totalmente nell’atmosfera in taluni casi “surreale”.
Una menzione speciale va anche alla scenografia che in alcuni momenti è davvero quel qualcosa che rende unico un film del genere dove si contrappongono violenza e bellezza dei paesaggi.