Pubblico in ritardo (ma in realtà è ancora nelle sale) la recensione del film Rogue One: A Star Wars Story, e intanto Disney stappa lo Champagne!
Mentre Disney si tuffa nella piscina piena dei 983.319.734 $ accumulati fino ad oggi a livello mondiale con l’uscita al cinema di Rogue One, io a metà dicembre e contro ogni previsione ero riuscito ad andare a vederlo: un film dalla trama scontata ma che molti forse confondono come l’ennesimo film di Star Wars arrivando erroneamente a pensare che si trattasse di Episodio VIII.
Qua, bisogna dirlo, se è questo che hai pensato mentre andavi al cinema è tutta ignoranza tua perchè il trailer parla abbastanza chiaro: abbiamo la morte nera, abbiamo Darth Vader, non si vede l’ombra di un Jedi ne tanto meno uno dei personaggi presenti in Episodio VII… ma come cavolo si fa a pensare che sia il successivo?
Chiusa questa parentesi passiamo al film, che narra la storia del gruppo di ribelli che cercano di impossessarsi dei piani della morte nera per riuscire a distruggerla.
Rogue One infatti non è altro che il nome in codice del gruppo dei ribelli capitanati da Jyn Erso, ovvero la figlia di Galen Erso: un brillante ingegnere a capo del progetto che porterà alla costruzione della morte nera.
Tutte queste cose le scopriamo già dai trailer, grazie Disney. Da ora in poi Allerta Spoiler.
Ed è infatti suo padre che, conscio del potenziale distruttivo e dell’uso che se ne vuol fare della “sua” base, fa in modo che nei piani di costruzione della morte nera vi sia una falla che verrà poi sfruttata dai piloti ribelli in Episodio IV per farla esplodere.
Ma c’è un problema, Jyn vaga in giro per l’universo senza sapere se suo padre sia ancora vivo ne tanto meno sospetta a cosa stia lavorando e questo perchè l’esercito imperiale capitanato dal direttore imperiale Krennic li ha allontanati quando lei era ancora una bambina.
La parte centrale del film ruota quindi sul riavvicinamento, seppur per poco tempo, di Jyn con suo padre che da traditore finirà per fare le veci dell’eroe post mortem, e serve anche per presentare i personaggi e cercare di farci affezionare, consci del fatto che le possibilità che hanno di tornare a casa sono ben poche.
Tra i personaggi oltre a Jyn spiccano per simpatia il nuovo droide K-2SO che a mio avviso è sembrato un R2D2 con facoltà di parola e Chirrut Imwe ovvero l’unico del film a parte Darth Vader a fare da portavoce della Forza… anche se con risultati tragicomici.
Tutto il film è poi una preparazione verso il finale, la battaglia di Scarif, probabilmente la più bella battaglia mai vista dell’intero universo Star Wars ma soprattutto ci prepara all’assalto di Darth Vader alla nave ribelle che si va così ad innestare alla perfezione con l’inizio di episodio IV. Un capolavoro cinematografico assoluto che esalta forse per l’ultima volta il vero protagonista dell’intera saga donandoci quella sensazione di timore reverenziale che solo lui è stato capace di dare fin dall’inizio e amplificando nella giusta misura il sacrificio umano che avvenne in quel momento dando un senso, questa volta vero, al titolo “Una nuova speranza”.