Trump continua la sua campagna di disinformazione e lo fa toccando uno dei beni tecnologici di maggior lustro per l’America: Apple
Negli ultimi mesi uno dei punti cardine intorno al quale è ruotata la propaganda di Trump è quello di riportare la produzione di alcune multinazionali sul suolo americano, e una di queste è Apple.
Durante la recente visita di Trump ad una fabbrica in Texas dove vengono prodotti i Mac Pro, Trump non ha perso tempo per ribadire il concetto facendo pensare allo spettatore che la fabbrica da dove stava parlando fosse effettivamente una nuova fabbrica realizzata grazie alla sua capacità politica.
Tutto questo inoltre lo diceva mentre da parte a lui c’era Tim Cook, amministratore di Apple.
Le sue parole sono state le seguenti:
“We are seeing the start of a very powerful and important plant. Anyone who has followed my campaign, I would always talk about Apple, that I want to see Apple build facilities in the United States. And that’s what’s happening.”
Che traducendo significa:
“Stiamo vedendo l’inizio di un impianto molto potente e importante. Chiunque abbia seguito la mia campagna, sa che parlo sempre di Apple, e che voglio vedere Apple costruire impianti negli Stati Uniti. Ed è quello che sta succedendo.”
Ed è quello che sta succedendo
Quel finale di frase è chiaro, così come è chiaro il messaggio che il presidente USA vuol far passare: lui sta facendo bene, perchè se quell’impianto è li è grazie a lui e alla sua capacità politica in ambito commerciale.
Ma c’è un problema: quella fabbrica non è di proprietà di Apple, in quanto appartiene a Flex Ltd (ex Flextronics), ed assembla Mac Pro fin dal 2013 ovvero da prima ancora che Trump diventasse presidente.
E se non bastasse quanto ha detto pubblicamente in TV, ha ribadito il concetto via twitter (il suo medium comunicativo preferito):
Dal tweet sembra addirittura che l’azienda l’abbia inaugurata lui, nemmeno Apple. La stessa azienda che abbiamo detto è operativa dal 2013.
Ma c’è un altro punto in merito al quale tutta la campagna di disinformazione che Trump ha messo in piedi raggiunge vette inesplorate dalla mente umana.
Tutto questo discorso sul portare le aziende americane a produrre nuovamente negli USA si basa sul fatto che il governo Trump avrebbe dovuto mettere in atto una politica di facilitazione che imponga da un lato delle tariffe/dazi molto alti verso chi importa il prodotto finito, e invece faciliti chi produce o assembla direttamente sul suolo americano.
Mi sembra logico no? Rendi sconveniente la semplice importazione per agevolare l’import dei componenti e creare occupazione in casa tua.
Ma le cose non stanno così.
Attualmente infatti Apple NON PAGA dazi su iPhone e Macbook assemblati in Cina, mentre li paga sui componenti che vengono importati per la produzione dei Mac Pro che avviene sempre nella nostra fabbrica in Texas.
Ad inizio 2019 Apple aveva richiesto l’esenzione dai dazi per 15 componenti: 10 sono stati accettati e 5 respinti: sistema di raffreddamento, cavo di ricarica e circuiti vari.
Quindi di fatto l’attuale politica rende più costoso assemblare Mac Pro negli Stati Uniti, ma non solo per quello che ci si potrebbe aspettare ovvero il costo della manodopera e della produzione in generale, ma proprio per via di questi dazi all’importazione sui beni intermedi.
Apple ha anche cercato di fingere l’esportazione della produzione dei Mac Pro in Cina per un breve periodo per capire se avrebbe ottenuto una reazione positiva dal Governo, ma alla fine è tornata sui suoi passi.
Ovviamente tutta la struttura dei dazi potrebbe cambiare in futuro, ed è già stata formalmente avanzata una proposta di dazi sull’import diretto di smartphone e altri prodotti di elettronica (che però viene puntualmente posticipata). Inoltre sappiamo esserci in atto un dialogo molto serrato in materia di dazi tra USA e Cina che potrebbe portare al totale abbattimento dei dazi (oppure no).
Ma il punto fermo resta la mole di falsità che Trump ha affermato in merito alla questione, un elemento sul quale molti forse ormai hanno finto di abituarsi ma che ciò nonostante continua in maniera del tutto sfacciata specialmente ora che è in vista delle elezioni presidenziali del 2020.
L’articolo prende ispirazione da quanto pubblicato su The Verge.